Performance multimediali, fotografia, luci, suoni, danze per una proposta teatrale suggestiva ed affascinante che vuole dare voce ai più deboli ed indifesi.
Martedì 12 dicembre, alle 20.45, arriva al Teatro Camploy ‘Broken songlines – Tre manoscritti’ di Monika Bulaj, appuntamento in programma per la rassegna L’Altro Teatro che porta a Verona il meglio del teatro e dei linguaggi contemporanei nazionali e internazionali.
Un felice ritrovarsi per gli appassionati che già apprezzano l’artista internazionale e una grande occasione per chi non la conosce. Lo spettacolo è una coinvolgente performance multimediale, una narrazione estemporanea su grande schermo con luci e suoni che danno vita alla scenografia naturale del Teatro Camploy, dove scorrono storie di amori e separazioni, resistenze e fughe, danze sacre e cammini accompagnati dal reportage in azione.
E’ un viaggio con Monika Bulaj tra i confini spirituali, nei crocevia dei regni dimenticati, dove scintillano le fedi e le tradizioni dei più deboli ed indifesi, con la loro resistenza fragile ed inerme, la loro capacità al dialogo e all’incontro. In cammino con i nomadi, minoranze in fuga, pellegrini, cercando il bello anche nei luoghi più tremendi. La solidarietà nella guerra. La coabitazione tra fedi laddove si mettono bombe. Le crepe nella teoria del cosiddetto scontro di civiltà, dove gli dei sembrano in guerra tra di loro, evocati da presidenti, terroristi e banditi.
Il lavoro fotografico che Monika Bulaj porta avanti da anni è un atlante delle minoranze a rischio e dei luoghi sacri condivisi, ultime oasi di incontro tra fedi, zone franche assediate dai fanatismi armati, patrie perdute dei fuggiaschi di oggi, luoghi dove gli dei parlano spesso la stessa lingua franca, e dove, dietro ai monoteismi, appaiono segni, presenze, gesti, danze, sguardi.
Come racconta la stessa Bulaj parlando della performance: “Al centro è il corpo. Chiave di volta e pomo della discordia nelle religioni. Iniziato e benedetto, svelato e coperto, temuto e represso, protetto e giudicato, intoccabile e impuro, intrappolato nella violenza che genera violenza, corpo-reliquia, corpo martire, corpo-trappola, corpo-bomba. Mi piace pensare il corpo come un tempio. Il corpo che contiene il segreto della memoria collettiva. Il corpo che non mente. Il sacro passa attraverso il corpo. Lo trafigge. Nell’arcaicità dei gesti, si legge la saggezza arcana del popolo, la ricerca della liberazione attraverso l’uso sapiente dei sensi”.
E aggiunge che“la fotografia attraverso la formacon la bellezza è uno strumento per andare oltre agli stereotipi, la cosiddetta teoria del conflitto di civiltà che alimenta le guerre. Quindi questo è un lavoro per la pace e per neutralizzare la paura come mezzo per manipolare le masse”.
Se il viaggio fisico prende i passi dalla carta geografica, il nuovo atlante che Broken songlines delinea spezza le mappe mentali alla base delle separazioni e si lascia guidare dai grandi poeti, mistici e filosofi di tutti i tempi nascosti in tre manoscritti, uno buddhista, uno sufi e uno nestoriano.
All’inizio della sua ricerca professionale Bulaj documentava le piccole e le grandi religioni nelle ombre delle guerre antiche e recenti, ora, dice la reporter dell’anima, “raccolgo schegge di un grande specchio rotto, miliardi di schegge, frammenti incoerenti, pezzi, atomi, forse mattoni della torre di Babele… Forse solo questo può fare il fotografo: raccogliere tessere di un mosaico che non sarà mai completo, metterle nell’ordine che li sembra giusto, o forse solo possibile, sognando, quell’immagine intera del mondo che magari da qualche parte c’è”.
In occasione dello spettacolo ed in collaborazione con Grenze-Arsenali Fotografici sarà allestita in mostra una selezione da ‘Il Miracolo degli occhi’, progetto didattico con i ragazzi delle enclave serbe in Kosovo e Metohija. Le fotografie sono state realizzate dai bambini che hanno partecipato al workshop con Monika Bulaj e sono state stampate in Kosovo. Apertura dalle 20.